lunedì 24 settembre 2012

Comunismo


Più parlo con la gente e più sento certi discorsi più mi rendo conto di una cosa, la gente di cosa sia il comunismo non ne ha la più vaga idea.

Da qui dovrebbe partire la nostra opera d’ informazione. Ma come si può condensare 160 anni di storia, guerre, rivoluzioni, internazionali, scissioni, riunioni, fusioni ri-scissioni e quintali di documenti politici in un linguaggio abbastanza chiaro da essere comprensibile a gente convinta che i comunisti siano stati al potere quando Prodi era Presidente del Consiglio? Bella domanda. Partiamo spiegando facendo un sunto de “Lavoro salariato e capitale”? No direi di no…. Partiamo da una profonda analisi dei primi paesi socialisti? No anche qui non è il caso.

Partiamo con una domanda allora.

Ma vi piace così tanto farvi il mazzo un bordello di ore al giorno per guadagnare uno stipendio il più delle volte insufficiente per pagarvi cose che potreste avere gratis (casa, gas, luce, acqua, servizi e tutto quello che serve ad una persona per avere una vita decente)?!

Ma vi piace così tanto avere rogne su rogne tra la scuola per i figli (apparentemente gratuita ma per la quale chissà per quale motivo bisogna cacciare un sacco di soldi) avvocati, cause, bollette che si accumulano e cartelle dell’Equitalia per bolli auto non pagati nel '97?

Ma vi piace così tanto farvi venire le palpitazioni ogni volta che dovete fare benzina mentre c’è gente che si cambia il Cayenne due volte all’anno?!

Ma vi piace così tanto acquistare un jeans Levi’s (ottimi jeans per carità) a più o meno 300 volte il prezzo di costo?

Dite la verità ma ‘sto mondo vi piace così tanto?

A me no. Anzi, mi fa proprio schifo e siccome viviamo in una società basata sul cosiddetto libero mercato traggo la conclusione che il libero mercato fa decisamente pena . A questo punto qualcuno tra voi potrebbe obiettare che le cose vanno così da sempre, che non si può cambiare e che non c’è alternativa, insomma, bisogna adattarsi. Ma se l’alternativa ci fosse?

Anche io come parecchi di voi ero convito che le cose tutto sommato andassero bene e che l’andare al lavoro per guadagnare una cifra X mentre il mio datore di lavoro ne guadagnava una XXXXX fosse l’ordine naturale delle cose. Ne ero fermamente convinto finché non ho scoperto una parolina magica: PIANIFICIZIONE.

Già cari ragazzi! PIANIFICAZIONE.

Credete che sia nato prima l’uovo o la gallina? Credete che i vestiti che abbiamo nell’armadio siano li perché il signor Levi ha messo su la fabbrichetta? No! Sono li perché i vestiti ci servono, dobbiamo coprirci e ripararci dal freddo. Credete che le posate sulla vostra tavola siano li perché un tizio ha messo in piedi una ditta di stampi metallici? No! Sono li perché ci serve qualcosa per portare il cibo alla bocca senza infilare la testa nel piatto. Noi umani siamo fatti così a determinai problemi cerchiamo determinate soluzioni.

Gli intrusi, “quelli di troppo” sono i signor Gucci e affini che sfruttando i nostri bisogni materiali e per soddisfare la loro avidità ci costringono a comprare i vestiti fatti nella loro ditta e le postate stampate da loro al prezzo che decidono loro (o crediamo davvero che l’economia sia metafisica e non dipenda dalle persone). Crediamo davvero che senza imprenditori saremmo costretti a girare nudi per strada o sbranare un tacchino intero nell’impossibilità di avere forchetta e coltello? Non siamo ridicoli! Siamo Homo Sapiens o amebe del cazzo!

Seguite il ragionamento, visto che possiamo soddisfare i nostri bisogni e risolvere i nostri problemi usando semplicemente 1)cervello 2) pollice opponibile si può sapere perché dobbiamo mantenere centinaia
di migliaia di parassiti che si arrogano il diritto di disporre delle nostre vite con la scusa del lavoro e ci impongono un sistema di vita fatto a loro uso e consumo.

Quindi signori e signore usiamo quello che madre natura ci ha dato, mani e cervello.

Il socialismo è questo usare il cervello. Sedersi attorno ad un tavolo facendo girare le rotelle per far si che ogni essere umano su questo cacchio di pianeta non soffra la fame, possa godere ti tutte le meraviglie che la mente umana produce e possa fare una vita degna di questo nome senza la spada di Damocle della povertà che gli pende sulla testa.

Per far si che un Paese possa funzionare e che i suoi abitanti abbiano una vita più che soddisfacente lo Stato (ossia la comunità delle persone, ossia TU che stai leggendo ed IO!) decide come dove e quando produrre beni e servizi, nel modo meno dispendioso meno inquinante e più efficiente possibile.

La comunità ci assegna un compito (postino, metalmeccanico, poliziotto e medico) noi lo svolgiamo e in cambio riceviamo di che vivere. Senza ricatti, senza sbattimenti, quasi senza fatica.

Niente tasse, niente carte di credito, niente rate, niente RID, MAV, 730 fatture con o senza sconto, niente curriculum vitae, niente disoccupazione, niente rogne. Soltanto cibo, casa, luce, gas, acqua, scuola, sanità, trasporti e chi più ne ha più ne metta gratuito e pacificamente fruibile in cambio di qualche oretta di lavoro.

Uscite la mattina, andate in un posto di lavoro organizzato in modo tale da non pesarvi più di tanto e di non mangiarvi troppo tempo (lavoro che tra l’altro non avete neanche dovuto cercare e dal quale nessuno vi può cacciare), tornate a casa e vi godete la vita senza scazzi e senza rogne. Questa signori si chiama PIANIFICAZIONE, questo signori si chiama usare il cervello, questo signori si chiama COMUNISMO.

Vi fa così schifo?

Ah tranquilli! Il televisore HD e il tablet sono inclusi.

Ezio Colombo

Carbosulcis e Alcoa. Le proteste operaie




È da fine agosto che assistiamo alla rabbia, alle proteste degli operai e dei minatori, in seguito alle notizie della possibile chiusura della Carbosulcis e dell'Alcoa.



Abbiamo visto i minatori barricarsi in miniera, a 400 metri di profondità con ingenti quantità di esplosivo custodito da loro.
Un minatore, facente parte della Rsu, tagliarsi un polso davanti alle telecamere nel corso di un intervista.

Ora i minatori possono tirare un sospiro di sollievo dopo l'annuncio che la miniera del CarboSulcis non chiuderà il 31 dicembre. L’annuncio è arrivato dopo un incontro, avvenuto a fine agosto, al ministero tra il ministro dello Sviluppo Economico, Corrado Passera, il presidente della Regione Sardegna, Ugo Cappellacci, il presidente della Provincia Carbonia-Iglesias, Salvatore Cherchi e il sottosegretario allo Sviluppo Economico, Claudio De Vincenti. All’incontro si è anche deciso di rivedere il progetto carbone pulito per aggiornarlo e renderlo compatibile con le migliori tecnologie ed economicamente sostenibile.

Gli operai dell'Alcoa con dei sindacalisti continuare la loro lotta con varie forme di protesta: in 500 a Roma davanti al ministero dello sviluppo economico facendo sentire tutta la loro rabbia; poi in 350 bloccare il traghetto Tirrenia per la Sardegna.
Stare a 70 metri di altezza su un silos con uno striscione con scritto “disposti a tutto”. Incatenarsi davanti ai cancelli dello stabilimento sardo... ottenendo, non come speravano, solo il rallentamento del processo di spegnimento delle celle, invece dell'interruzione.
Insomma non è andata altrettanto bene ai lavoratori dell'Alcoa, visto che lo stabilimento sarà abbandonato dal gruppo Usa dell'alluminio a fine anno.

Oggi per gli operai dell'Alcoa forse c'è qualche speranza, anche se è ancora tutto prematuro. Già due aziende svizzere, la Glencore e la Klesch, sarebbero interessate allo stabilimento. Claudio De Vincenti, sottosegretario allo Sviluppo economico, avrebbe già chiarito con i dirigenti della Glencore alcune condizioni, come il costo dell'energia. Sembra che questi chiarimenti siano stati colti positivamente da Glencore.
Si sarebbero aggiunte altre due aziende, di una certa importanza. Una società torinese che offre la possibilità di utilizzo di un nuovo strumento energetico. E l'altro sarebbe un gruppo cinese.

Alcoa è l'azienda che consuma più elettricità in Italia. Questo dato ha fatto sì che i proprietari abbiano potuto usufruire per anni di incentivi sull'acquisto di energia.
Alcoa, dicono gli operai che lottano per il loro posto di lavoro, è anche un'azienda profittevole. Forse non abbastanza per chi vede in altri "lidi" maggiori guadagni di quanti è ora in grado di fare, nel nostro Paese, in un periodo di crisi. Se dovesse chiudere rischierebbe di bloccarsi l'intera filiera dell'alluminio presente in Sardegna, con ulteriori licenziamenti.

La Sardegna è in tensione per il rischio di perdita di molti posti di lavoro, in una terra in cui trovarne un altro diventa un'impresa sempre più ardua tanto da intravedere di nuovo lo spettro dell'emigrazione di massa all'estero.

Ora c'è solo da sperare che tutto vada per il meglio, per tutti quegli operai che ogni giorno tengono duro per non perdere il loro posto di lavoro, nonostante la crisi, nonostante persone più in alto che non guardano in faccia a niente e nessuno quando ci sono in mezzo gli interessi e i soldi.

La loro lotta continua come il nostro sostegno nei loro confronti, ognuno ha il diritto di lavorare.

Mirko Serpa

Come uscire dalla crisi: la truffa della speculazione bancaria


La situazione economica del paese sta peggiorando rapidamente a seguito delle politiche del governo Monti. Nei telegiornali, la crisi è spiegata come un fenomeno naturale e le cure sarebbero le manovre che impoveriscono sempre di più la gente, spacciando questo come "sacrificio" indispensabile.

Ma poche persone realmente capiscono le origini di tale fenomeno, le cause, e le vere cure che servirebbero al paese.
Per questo, Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione, ha scritto un libro in grado di far capire la nostra situazione attuale anche a chi non ha conoscenza del mondo della finanza.
Il problema, scrive Ferrero, «non è il debito pubblico ma la speculazione». E la crisi finanziaria non è la causa ma solo l’effetto della crisi strutturale del capitalismo. Se la causa è strutturale e risale al capitalismo allora è evidente che non saranno i tagli a portarci fuori dalla crisi restituendoci un futuro, né la riduzione dei salari e dei diritti, né è percorribile la strada delle liberalizzazioni e delle privatizzazioni.
La speculazione deriva dalla BCE, la quale da all'1% i soldi alle banche private nazionali e queste a loro volta speculano sui titoli di stato. In questo modo si viene a creare un debito enorme, che lo stato deve restituire alle banche private. Così, esse si arricchiscono e lo stato si impoverisce. Lo stato non ha sovranità monetaria, perciò deve pagare dei soldi che sono solo frutto di una speculazione, in poche parole una truffa.
Tutto il sistema capitalista si basa sul guadagno. Questo però può essere cambiato. Ecco cosa proponiamo per risolvere il problema:
Come obiettivo europeo la modifica dei trattati di Maastricht e dello Statuto della BCE trasformando la medisima in una Banca centrale sottoposta alle direttive del Parlamento europeo e avente come obiettivi istituzionali la piena occupazione e il finanziamento dei Fondi comunitari degli stati membri, attraverso l'acquisto diretto dei titoli di stato.
Sul piano italiano:
- tutelare i piccoli risparmiatori anche allungando i tempi di restituzione e la definizione delle cifre da rimborsare alle grandi finanziarie, cioè agli speculatori. 
- nazionalizzare le banche, dividere tra banche commerciali e banche di investimento
- mantenimento del carattere pubblico delle Poste e trasformazione della Cassa Depositi e Prestiti in una banca pubblica finalizzata a finanziarie enti locali, aziende pubbliche e beni comuni
- apertura presso l'Inps di un Fondo per la gestione delle pensioni integrative da rendere fiscalmente conveninte rispetto agli altri fondi pensione.

L'informazione e la conoscenza stanno alla base di tutto. Solo un popolo istruito ha la facoltà di cambiare le cose e di non lasciarsi soggiogare da chi lo vorrebbe schiavo.

Elena Frigerio-Dario de Mutiis

Mafia al nord


Criminalità organizzata, cosa nostra, 'ndrangheta, camorra, sacra corona unita, quante volte abbiamo sentito nominare queste brutte parole, e per anni, gli abitanti del nord Italia hanno vissuto sereni, nella sbagliata convinzione che fosse un problema che riguardasse soltanto il sud (concetto tra l’altro discutibile e campanilistico). I fatti degli ultimi 20 anni hanno però finalmente svegliato la coscienza cittadina, a partire dall’operazione” i fiori di S. Vito”, degli anni -90 arrivando fino all’operazione Ulisse, che lo scorso 11 settembre ha portato a 37 arresti tra Mariano, Giussano, Seregno e Cantù.

I dati di cui siamo in possesso ci dicono che dal 2004 ad oggi tra Legnano, Busto Arsizio e Varese si contano otto omicidi riconducibili a fatti di mafia, le estorsioni sono ormai all’ordine del giorno, le infiltrazioni all’interno dell’imprenditoria si possono toccare con mano e quelle nell’operato riguardante le grandi opere pubbliche e le infrastrutture anche.

Può sembrare banale ma crediamo fortemente che ogni cittadino debba fare la sua parte, bisogna far si che nella mentalità comune entri a pieno regime il concetto che il compromesso mafioso è una cosa da cui stare lontani ,da combattere da denunciare, rifiutando anche quegli apparenti vantaggi che il piegarsi potrebbe comportare.

Poi c’è la voglia ed il desiderio di giustizia, legalità,questo sentimento dobbiamo imparare a coltivarcelo dentro, farlo crescere con noi, elaborarlo e trasmetterlo in tutte le nostre attività di cittadini onesti.

Le Amministrazioni Comunali, le Istituzioni, lo Stato …

Secondo noi la lotta alla mafia inizia nelle piccole Amministrazioni, dove è fondamentale che chi ha il potere di farlo, dimentichi definitivamente il favoritismo mafioso, il compromesso, il voto di scambio, tutti elementi che hanno portato il nostro paese alla deriva in cui ci troviamo oggi. Siamo assolutamente convinti che se si iniziasse così sarebbe plausibile avere la speranza(e di proposito intendiamo parlare di speranza, non di sogno utopico) che nel giro di poco tempo anche all’interno delle grandi forze politiche non ci siano più indagati, collusi, corrotti, condannati, rinviati a giudizio e chi più ne ha più ne metta.

All’interno delle piccole comunità crediamo fortemente che si debbano anche dare dei segnali forti, di cambiamento e di voglia di NON OMERTA’ per far si che chi subisce estorsioni, ricatti ed abusi mafiosi di ogni genere vinca la paura e denunci i fatti.

Dovrebbe anche ,sempre secondo il nostro parere ,esistere un reale programma di protezione per chi eroicamente decide di NON AVERE PAURA.

Ribellarsi alla mafia è possibile, bisogna che tutti insieme si impari a gridare, come faceva il Compagno Peppino Impastato che:

LA MAFIA E’ UNA MONTAGNA DI MERDA!!!!!

Fabrizio Baggi

F.D.S. Sez. Mariano C.- Cantù

domenica 23 settembre 2012

Criminalità organizzata: l'attività della FDS Mariano-Cantù

La sezione della Federazione della Sinistra di Mariano e Cantù lo scorso 21 Luglio ha organizzato per le vie di Mariano una fiaccolata antimafia per commemorare,a vent’anni dalle stragi mafiose in cui persero la vita i giudici Giovanni Falcone ,Paolo Borsellino,gli agenti delle scorte e gli Eroi dell’antimafia Pio la Tore e Calo Alberto dalla Chiesa.
Era  fermo proposito degli organizzatori ,inoltre ,esortare la locale Amministrazione Comunale ad intitolare il parco cittadino di via dei Vivai alla memoria dei due magistrati siciliani rimasti vittime della criminalità organizzata nel ’92 a poco meno di due mesi l’uno dall’altro.
Sapevamo di toccare una questione delicata,che avrebbe urtato i benpensanti,convinti che la mafia al nord non esista,e che da noi il problema sia la microcriminalità specialmente straniera.
Seguendo  le cronache nazionali dei quotidiani degli ultimi anni,così come i fatti delle scorse settimane in Bianza in cui trentasette persone sono state arrestate per associazione mafiosa tra Giussano , Maiano , Seregno e Cantù ci si imbatte nella città di Mariano non per le sue tradizionali attività - l’economia del legno e dell’arredo o per la posizione di cerniera tra Como e Milano-bensì per fatti di mafia.
Una mafia ,che qui ,come nel resto della Lombardia,è oggi prevalentemente ‘ndrangheta,ovvero quella legata alla criminalità organizzata calabrese.
Queste organizzazioni criminali sono cresciute al nord in modo esponenziale e ciò è potuto accadere solo grazie ad un’inaspettata  congruenza di valori e stili di vita tra il nord e le organizzazioni mafiose.
E’,infatti ,difficile considerare la ndrangheta,un corpo estraneo rispetto alla società lombarda quando il consumo pressoché di massa della cocaina ha fatto di Milano e della Lombardia il fulcro del traffico di droga europeo.
E’difficile considerare la mafia un corpo  estraneo rispetto alla società lombarda ,quando la politica diventa una conta di pacchetti di voti sulla cui provenienza e su cosa venga chiesto in cambio nessuno fa domande.
E’ infine difficile considerare la mafia un corpo estraneo rispetto alla società lombarda,quando una certa imprenditoria nostrana ha fatto dell’insofferenza delle regole un’abitudine.
E’ vero che molte imprese sono state vittime delle intimidazioni e delle estorsioni mafiose ma è anche vero che altre hanno cercato  le organizzazioni mafiose per avvalersi dei servigi criminali,che aggirando le regole sono a loro modo rapidi ed efficienti.
Hanno un’ampia disponibilità di capitali,garantiscono manodopera a basso costo,e con nessuna rivendicazione sindacale;assicurando la sicurezza con una giustizia inesorabile e sbloccano a suon di mazzette qualsiasi pratica incagliata negli uffici pubblici.
Come Federazione della Sinistra di Mariano – Cantù abbiamo deciso di parlare di mafia al Nord,perché questa cultura mafiosa è del tutto incompatibile con i principi che il nostro Partito promuove.
In quest’ottica si colloca  anche la giornata che la sezione della Federazione della Sinistra di Mariano-Cantù ha organizzato sabato 15 settembre al Parco di via dei Viavai a Mariano con l’intento di riflettere tutti insieme e confrontarci su questo spinoso tema,cogliendo anche l’occasione per trascorrere qualche ora divertendoci ,giocando a calcetto,basket,pallavolo,o per i più pigri a carte.
La lotta alla mafia anche a Mariano comincia con il tenere gli occhi aperti  e non  voltarsi dall’altra parte facendo finta di niente.


Ruggero Arnaboldi
FDS sez Mariano -Cantù

 

La lotta alla mafia: una lotta per i diritti contro i favori


1 maggio 1947, 9 maggio 1978, 30 aprile 1982, 23 maggio e 19 luglio 1992.
Date che sembrano come le altre, ma che in realtà hanno segnato la vita di milioni di persone, soprattutto nel meridione ma non solo.
La prima data, la festa dei lavoratori del 1947, siamo appena usciti dalla dittatura fascista e alle elezioni per l'Assemblea Regionale Siciliana ha appena vinto il Blocco Popolare, l'alleanza tra socialisti e comunisti. Circa 2000 lavoratori, in prevalenza contadini, si riuniscono a Portella della Ginestra per manifestare contro il latifondismo, ma vengono bersagliati da raffiche di mitra che provocano 11 morti (di cui 2 bambini) e 27 feriti (di cui alcuni morirono successivamente). A sparare probabilmente membri di clan mafiosi che si incaricarono di portare avanti la reazione dei grandi proprietari alle rivendicazioni dei contadini.
La seconda data, il 9 maggio 1978, per molti solo la data del ritrovamento di Aldo Moro. In realtà voglio ricordarla come la data della morte di Giuseppe Impastato, militante comunista che aveva fatto della lotta a Cosa Nostra la sua ragione di vita, avendo capito che solo la società, solo l'avanzata dei diritti dei lavoratori potevano combattere davvero lo spirito mafioso. Si disse che si era suicidato, come se si potesse rompersi il cranio a sassate e successivamente legarsi ai binari del treno. Lo Stato preferì non vedere, troppo occupato in altre faccende, e forse sollevato dalla morte di quel piccolo grande uomo, di quel giovane che sognava di sconfiggere la mafia.
La terza è la data dell'uccisione di Pio La Torre, parlamentare comunista e segretario del PCI siciliano, firmatario della legge Rognoni-La Torre che introdusse il reato di associazione mafiosa.
E veniamo alle ultime due date, forse quelle più conosciute per ricordi personali e per eco mediatica: la strage di Capaci in cui perse la vita il giudice Giovanni Falcone, con un pezzo di autostrada letteralmente fatto saltare dai clan, e l'uccisione del suo collega, il giudice Paolo Borsellino.
Tutte queste date non le ho elencate per annoiarvi, ma per ricordare che la lotta alla mafia, oggi come allora, al nord come al sud, non l'hanno fatta solo gli uomini dello Stato, polizia e magistratura, ma anche politici, giovani, lavoratori. La lotta alla mafia deve nascere dalla società, perché è dalla società che le organizzazioni criminali traggono giovamento, elargendo favori dove dovrebbero essere garantiti diritti, offrendo protezione, riscuotendo tributi.
Dove il lavoro diventa un favore che solo un boss ti può elargire e non è più un diritto umano per tutti, ecco che la mafia si fa più forte.
La lotta per i diritti degli studenti e dei lavoratori non è solo importante in sé, ma anche perché toglie dal mercato criminale le vite di milioni di persone, perché è il mezzo migliore di combattere quel fenomeno mafioso che colpisce ormai da anni anche la nostra regione, anche la nostra città.

Stefano Rognoni

Il bello di coordinarsi

Si sa, Como non è una città in fermento. Non lo è da decenni. Sarà il lago che mitiga il clima, sarà che ormai l’unico argomento che sembra toccare il cuore del comasco è quello delle paratie, sarà che l’attenzione verso i giovani e le loro esigenze scarseggia, sarà… che sarà.
Eppure d’occasioni per arrabbiarsi, sdegnarsi, incuriosirsi, attivarsi ne offre tante: Como è una realtà che cambia insieme a tutto il resto, solo che non ce ne accorgiamo.
L’anno scorso, nel freddo e malinconico novembre lacustre, ad esempio, qualcosa è cambiato: Forza Nuova ha riaperto la sua sede; lo ha fatto in Via Milano ( “una scelta – stando alle dichiarazioni di Ferrara – dettata dal destino”,imbarazzante ossimoro), zona che è palcoscenico d’un’altra “occasione” che moltissimi non vogliono cogliere: io quando passo in quella via mi sento piacevolmente straniera nella mia città. Facce, lingue, odori, colori diversi: quella bella diversità che a me fa tanto venir voglia di capire, comprendere, entrare nel merito.
Ma torniamo ai fatti: Como ha una sede di Forza Nuova. Di questo, qualcuno, fortunatamente, si è accorto. Se ne è accorto l’ANPI, vittima da quel momento, di un sempre più crescente numero di attacchi diretti, revisionismi assurdi e schiaffi alla verità storica che sono ormai quotidianità. Se ne è accorto l’ARCI, tra striscioni ridicoli appesi qua e là (l’ultimo nella notte del 10 settembre, replicato davanti a diverse sedi della sinistra comasca – CGIL, Italia-Cuba, Istituto di Storia Contemporanea Perretta e ANPI stesso). Se ne sono accorti collettivi, partiti, associazioni, immigrati e chiunque con almeno un occhio ancora aperto e un pizzico di voglia di cambiare le cose.
Queste realtà, fatte di persone, idee, esperienze, capacità spesso molto diverse, si sono riunite attorno a un tavolo, nel modo più semplice e difficile (il mio ossimoro non è imbarazzante, poi ve lo spiego) che si possa pensare. Da Novembre è nato un “Coordinamento comasco” delle forze antirazziste, antifasciste, comuniste e anarchiche di Como e dintorni, nonché di singoli volenterosi e responsabili, estranei a sigle e partiti.
E’ semplice mettersi seduti e parlare di quel che non va; è difficile parlare per cambiare. Soprattutto se tra le mani si hanno strumenti diversi, sulle labbra parole diverse e istinti d’azione diversi.
Ma, la vicinanza tra persone che hanno un “sentire” comune, uno stesso senso di ingiustizia (e di giustizia), la volontà di vivere in una città che sviluppi una nuova consapevolezza di sé, è un punto di partenza, una  ricchezza  che non deve andare sprecata. Ed è da qui che siamo partiti. Da un sentimento che ci anima in ugual misura.
Anticipo la risposta alle accuse che mi merito dopo certi sentimentalismi:  “la bella diversità” di Via Milano è solo una gentil espressione se non è accompagnata dalla dura consapevolezza che la diversità pone effettivi problemi, soprattutto quando non si attiva un processo virtuoso di comprensione reciproca.  
La mancanza di questo processo, tuttavia, non giustifica né rende tollerabile la reazione di FN che, con la consueta retorica patriottica, afferma (sempre tramite le parole del capo) che bisogna “ripartire da qui, per riprendere la via di Como, ormai chiamata la via araba, per far sentire la nostra presenza a quegli italiani che hanno abbandonato questa via che durante la notte è diventato un luogo pericoloso”. Vi risparmio il proseguio fatto di “noi non siamo fascisti, quella è roba vecchia, noi siamo una forza del terzo millennio che vuole difendere gli italiani”.
Se solo fosse patrimonio comune che “difendersi” da una società che cambia a livello globale è il pensiero più primitivo e vecchio che io riesca a concepire, se solo fosse patrimonio comune l’intuizione che è nella conoscenza, nell’approfondimento, nella capacità di ripensarsi e porre le basi per un cambiamento da costruire con la lotta individuale e collettiva, allora forse … tutti sapremmo ridere di gusto davanti a certe parole.
Il Coordinamento ha deciso negli ultimi mesi di ampliare il proprio raggio d’azione, e anzi di concentrare le proprie energie su problematiche culturali, sociali, economiche e dunque politiche: l’8 settembre si è tenuto a Porta Torre un presidio circa il Forum Ambrosetti, emblema dell’assenza di democrazia reale, personificazione di giochi di potere, e occasione per radicare l’ingiustizia sociale del nostro sistema. Presto un presidio, fissato per il 25 settembre in Piazza Duomo, sulle vittime di Stato. Il Coordinamento intende cogliere ogni occasione per sensibilizzare la città su tematiche e nodi non sufficientemente conosciuti e sviscerati.
A rigor di correttezza: FN si è dissociata da molti degli attacchi diretti alle varie associazioni citate, lo ha fatto anche in occasione della recentissima sfilata di manifesti del 10 settembre. E’ però, a mio parere, fatto certo che la riapertura d’una sede di estrema destra a Como, nella sua ufficialità, abbia legittimato e privato d’ogni pudore le azioni dei simpatizzanti, riattivando così un contorno ben più vasto; ed è rispetto a questo humus d’inciviltà che il Coordinamento ritiene di poter proporre risposte, ipotesi e domande che stimolino un risveglio sociale. Un risveglio mai avvenuto davanti ad altre manifestazioni vergognose, mai mancate in questa nostra città, come la concessione di Piazza Cavour per l’annuale mostra sulle foibe organizzata da Militia.
Perché Como non si infetti ulteriormente, perché il virus dell’ignoranza non si mischi al battere dell’intolleranza, della sfiducia e del disfattismo, l’azione coordinata di chi ha in mente un’umanità migliore va nutrita e sostenuta.



Juls

Markaris indaga - gli spettri della Grecia contemporanea



È possibile che un libro giallo possa riconsegnare al lettore l’immagine di uno Stato? O che riesca a dar conto dei  problemi sociali, delle ansie e difficoltà del vivere giornaliero? O, ancora, che nella figura dell’assassino stesso si nasconda la denuncia al capitalismo e, soprattutto, al gioco sporco che l’Unione Europea e la BCE stanno attuando principalmente nei confronti di Grecia e Italia?
Beh, se lo scrittore è Petros Markaris e l’investigatore un certo Kostas Charitos, allora sì.
Il romanzo “L’esattore”, edito da Bompiani, è lo specchio di oggi, di noi, del mondo, della Germania e della disperazione che cresce ogni giorno di più tra la popolazione greca.
Il romanzo si apre con un suicidio collettivo compiuto nel medesimo appartamento. Ma non pensiate che coloro che hanno deciso di porre fine ai propri giorni siano delinquenti che, dopo aver ucciso la moglie o un famigliare,  si pentono . I suicidi di Markaris sono donne. Donne che non riescono più a vivere con la pensione, non possono neanche permettersi di pagare i medicinali che lo Stato non può più passare ai contribuenti per il debito con l’azienda farmaceutica Novartis.
Queste donne sono vittime di uno Stato incapace di dire no alle richieste della Germania.
Queste donne, che rappresentano la sconfitta di una società, non ricordano la situazione di un altro Stato europeo?
L’Italia ad esempio.
Le cronache riferiscono sempre più spesso della vita di persone che non riescono più ad arrivare alla fine del mese e, prese dalla disperazione, compiono atti considerati folli, dettati dall’impossibilità di far fronte all’incognita del domani.
Ma andiamo avanti con il libro.
Qual è il caso del commissario Charitos questa volta? Chi viene ucciso? E chi rivendica gli assassinii? Una lettera trovata in Internet il giorno dopo il primo omicidio svela una sconvolgente realtà che il governo non riesce a tenere nascosta a lungo.
“L’esattore”, così si fa chiamare l’assassino, ha deciso di fare giustizia, dato che lo Stato non riesce – o non vuole – farlo da solo; il fantomatico Esattore è riuscito ad entrare nella banca dati del Ministero dell’Economia e ad avere accesso alla dichiarazione dei redditi di molte persone, tra cui medici, professori universitari, consulenti ecc …, che attestano di avere redditi inspiegabilmente bassi per la loro professione.
Come mai?   Ovvio: evadono. Evadono le tasse alla grande – peraltro, con il benestare delle flessibili leggi nazionali dettate dagli interessi dei potenti (non viene alla mente anche il casalingo Berlusconi?).
E i soldi che potrebbero salvare la Grecia dalla distruzione totale emigrano alle Isole Cayman e in simili paradisi fiscali.  E la Grecia intanto collassa.
In breve: l’Esattore, in poche settimane, riesce a restituire allo Stato 8 milioni di euro di tasse evase e diventare così un eroe nazionale, non un assassino seriale come dovrebbe normalmente essere considerato.
La fine? Naturalmente, non si può dire, altrimenti, che gusto ci sarebbe a leggere un romanzo che rende viva in modo magistrale la società contemporanea?
I giovani che dopo aver ricevuto una formazione universitaria emigrano perché non trovano lavoro e sentono di non avere un futuro in un Paese che dice di volerli tutelare sono gli altri protagonisti del romanzo di Markaris.
La frase più bella – scoraggiante ma allo stesso tempo piena di speranza – è pronunciata da Caterina, la figlia del commissario, che dopo aver pensato seriamente di emigrare per avere più possibilità di trovare lavoro, ci ripensa e dice “Non partirò. Resterò a combattere”.
È giunto il momento per tutti.
Restiamo.
Ma combattiamo.

Eleonora Figini

ADDIO E GRAZIE PER TUTTO IL PESCE(IN FACCIA):LA FINE DEL DECENNIO BRUNIANO.

Studi di Espansione tv,Como,paesino in provincia di Bulgarograsso, qualsiasi giorno di un aprile dal vago sapore autunnale.Sul programma di punta della Rete(ascolti arrivati al record di sei,ossia Tettamanti,Molteni,Rusconi e rispettivi animali domestici)va in onda l’ultima intervista all’ormai ex Sindaco Stefano Bruni,impegnato in un faccia a faccia malinconico e dimesso come il tempo atmosferico fuori dalle finestre,così diverso dall’idea di personaggio scaltro e strafottente che in molti ,il sottoscritto compreso,si erano fatti di lui.

Il sindaco felice dopo una riunione con il suo bagno.

Com’era differente il Bruni dei tempi d’oro,arrogante nella sua mise da piccolo Berlusconi lariano,professionale nei suoi atteggiamenti finto monacali dal sapore formigoniano,sicuro e quasi istrionico nelle  uscite contro avversari politici e non,sintomo e simbolo di una forza che da economica diveniva e diviene istituzionale,esattamente come il suo percorso,da commercialista dei VIP laghèè a tronista del Consiglio comunale per ben dieci anni.Un decennio è durato il suo Regno,guadagnandosi la fama di uomo che ha cercato d’imporre nella Città ghiacciolo per eccellenza alcune ambizioni da metropoli fighetta,comprendenti faraoniche mostre con spari di Napalm e polvere stellare come festa di chiusura,notti bianche che si volevano “maggiche”, incursioni televisive dove rassicurava pavide vecchiette che sì ,la cacca del cane in Via di Vittorio l’avrebbe raccolta lui personalmente,e già che c’era dava una lucidata ai tombini e abbassava il prezzo della benzina a testate ,nella migliore tradizione del “ghe pensi mi”tanto caro al suo Principale .


Il missoltino,uno dei vip passati dal Bruni commercialista

Lo stesso uomo capace di sopravvivere nel corso degli anni a fronde interne e congiure da Versailles settecentesca,di sdoganare una serie di personalità diciamo pure pittoresche ,tra cui certi pescati da una puntata di Uomini e Donne(eh sì,sto parlando proprio di te ,Sergio)o altri capaci di insultare la popolazione perché vogliosa di mettersi in movimento con due centimetri di neve lamentandosi del caos(cioè tutti quelli passati come assessore dei trasporti o della viabilità),per finire poi in bellezza,costruendo un muro da omonima canzona dei Pink Floyd e lasciando una città a se stessa per almeno due anni e mezzo,discepolo questa volta del tirare  a campare come nemmeno l’Andreotti primi anni ‘90.Insomma un gran casino più che un amministrazione ,a cui dare un giudizio ,senza distorsioni emotive o incazzature,a nemmeno cinque  mesi dalla sua deprimente conclusione ,è praticamente impossibile.

L’assessore alla Cultura in Sergio Gadd(manteniamo l’anonimato)una foto d’archivio

Io però lo voglio ricordare all’apice della sua brunità,come quando lo si vedeva,il sottoscritto studente liceale ancora dentro trip incentrati su Dragon Ball o card dei Pokemon,venire a prendere la moglie professoressa a scuola bardato da Dennis Hopper in Easy Rider ,o oppure qualche tempo dopo,impegnato ad affettare in esplosioni d’Antani e di Grammelot politici il povero Gaffuri in una memorabile assemblea d’istituto (in quel periodo per la cronaca tentavo di spacciare a scuola il mio pigiama come avanguardistica moda hippie,così se non vi interessa).
Un personaggione il Nostro quindi,così simile a tanti passati per la Penisola nell’ultimo ventennio,così particolare nel suo modo di essere comasco ,nel saper sfruttare e nel farsi fregare dall’apparente inedia di questa città,desiderosa di disinteressarsi di se stessa ma vogliosa di farla pagare a chi cerca di passarle sopra.
E allora addio Ste,e grazie di tutto ,o meglio di niente ,nemmeno del pesce del titolo.

Sorry Bro,ma il bagno era occupato,questa volta
Luca Frosini

Niente di speciale...solo normale!

Ci sono piccole ossessioni che un “vecchio” giovane come me (ho 28 anni) ha da qualche anno a questa parte. Quello che, nelle discussioni fatte in riunioni o più semplicemente davanti una rossa doppio malto, diventa una questione di carattere totalizzante. Oltre la perdita di identità, oltre ogni pippone sul significato dell'essere comunisti nel 2012. Dubbi importanti, per carità. Ma un grosso cruccio, per noi affezionati del partito (sono tesserato al Pdci e alla Fgci dal 2003) si pongono: come mai non riusciamo ad essere più “attraenti” per le giovani masse?Un problema non di facile comprensione, che in anni di analisi ci ha fatto riscoprire problemi annosi, come la virulenta assenza di spirito comunicativo, come la pericolosa volontà di chiuderci in noi stessi e di non interagire col mondo esterno, come quell'atteggiamento, spocchioso e superiore, di chi ha la verità in tasca. Parafrasando una frase del poeta Majakovskij, ripresa anche dal Peppino Impastato interpretato da Luigi Lo Cascio, ci siamo chiusi nelle nostre stanze, e abbiamo iniziato da qualche anno a questa parte a parlarci addosso.

Nel chiuso delle federazioni, parecchi di noi hanno fatto delle scoperte sconcertanti, che un carissimo compagno pavese ha ribattezzato “questione normale”. Qualcuno di voi probabilmente avrà avuto modo di conoscere o sentir parlare della questione morale, problema quanto mai attuale e che, fra gli anni Settanta e gli anni Ottanta, Enrico Berlinguer ha sollevato.
Negli anni del grande e mai dimenticato segretario del Pci, il problema della moralità lambiva, purtroppo, anche il suo partito, prevedendo cosa sarebbe accaduto da lì ad un decennio dopo con lo scandalo di Tangentopoli. Nell'attuale stato della Federazione della Sinistra sembra che questo problema sia, fortunatamente, risolto. Rimane però la questione al centro del nostro articolo, che può tranquillamente rifarsi ad una mera questione di normalità. Cosa intendo? Tutti sappiamo quanto la credibilità e la fiducia siano al centro della scelta che una persona fa nell'abbracciare determinati ideali o partiti. Per carità, nessuno afferma che sia solo questo il nostro ostacolo. Però da questa radice, si diramano altri problemi legati alla scarsa comunicatività, alla scarsa aderenza alla realtà e al distacco dalle problematiche attuali.
Penso che, coi tempi che corrono, l'immagine sia, inevitabilmente, diventata importante per un partito che ambisce a dare una sua visione alla società. L'immagine è proprio, ritornando a qualche rigo fa, fondamentale per la fiducia e la credibilità. Chiaramente lontano da noi deve essere il vestirsi tutti uguali, il parlare tutti all'unisono. Non siamo mica in un partito di Berlusconi o in un partito qualsiasi. E' doveroso crearcene una nostra, seria ma allo stesso tempo meno “vecchia”. Dobbiamo, a mio parere, imparare a selezionare una classe dirigente che ci permetta di interpretare e rielaborare i messaggi che la società ci invia. Un gruppo di giovani leve che non si soffermi sui problemi lontani da noi e che, date le attuali condizioni, ci sfiorano, ma che si concentri sulla situazione locale e nazionale, e su quella si impegni per cercare soluzioni. Un gruppo di teste pensanti, che non sappia a memoria le tesi marxiste o le letture leniniste, ma che viva nella società, nelle fabbriche, nelle università e nelle scuole, mediando la propria formazione con la realtà, accorgendosi dell’urgenza di una nuova coscienza di classe che, ormai, è sparita nel mondo attuale composto da individui atomizzati. C’è bisogno di persone che non vivano le proprie esistenze in funzione della politica, che non frequentino, ad esempio, solo i posti giusti, dove vanno solo i compagni, che la smettano quindi di essere elitarie e con la puzza sotto il naso. Frequentare gli altri, i “diversi” da noi, non può far altro che aiutarci, togliendoci dalla fantasiosa torre d'avorio sulla quale, da qualche anno a questa parte, abbiamo deciso di relegarci. Dobbiamo e possiamo parlare di “stronzate”, scannarci per qualche partita di calcio. Essere un po' più simili agli altri, quindi, senza fare gli snob.
Ricapitolando: l'importanza del messaggio non è da poco nel 2012. Cosa e come lo si dice, quindi; abbiamo bisogno di cambiamento e di nuova linfa, di nuovi messaggi. Come avete letto, nulla di speciale; soltanto gente che può e deve togliersi dal piedistallo e scendere nuovamente in mezzo agli altri. Persone con la voglia di staccare il sedere dalla sedia messa davanti al computer, conoscere e confrontarsi con il mondo vero, mettendo da parte pregiudizi e stereotipi. E tutto, così, si riduce ad una questione normale.


Andrea Cazzato

martedì 12 giugno 2012

Perché difendete il crocifisso e dimenticate gli immigrati?


Don Gallo

Ormai da anni in Italia, il tema degli immigrati irregolari – erroneamente chiamati clandestini – occupa giornalmente le pagine dei quotidiani nazionali perché, nel corso degli anni, gli stranieri senza permesso di soggiorno hanno assunto caratteristiche di stabilità e stanziamento, nonostante il loro status giuridico li renda invisibili e li confini ai margini della società. Negli ultimi mesi del 2011 e nei primi del 2012, le notizie relative agli immigrati irregolari sui giornali online scorrono senza sosta: “Clandestini gratis sul tram. L’ultima idea di Vendola”, “Milano. Asili aperti anche ai figli dei clandestini”, “Una legge italiana garantisce ai cittadini stranieri privi di permesso di soggiorno il diritto alla salute” e, ancora, “Controlli dopo la rissa, fermati sei rom clandestini”: si potrebbe continuare ancora per pagine intere a trascrivere i titoli apparsi sui giornali e sulle riviste.
Gli immigrati senza permesso di soggiorno esistono e, lungi dal condurre un’esistenza da invisibili, occupano quotidianamente le pagine dei giornali e sono al centro di aspri e accesi dibattiti politici e culturali. Lo straniero irregolare è accettato dalla popolazione solo perché è utile e spesso insostituibile; la retorica di certi discorsi politici – quelli che individuano nello straniero un ladro di posti di lavoro e una persona che ha più diritti degli italiani stessi – rappresentano un mero tentativo di distogliere l’attenzione da un fenomeno ben più eterogeneo e intricato. Ciò di cui però i media e molte forze politiche si dimenticano – anche quelle che si definiscono più aperte e liberali – è che a Como, come in tutte le altre città italiane, gli stranieri in condizione irregolare esistono, vivono, lavorano, hanno figli, si fanno curare, frequentano amici e hanno progetti di stanziamento allo stesso modo di coloro che possiedono il permesso di soggiorno. Nonostante questo, la loro vita si dipana al di fuori della regolamentazione legislativa poiché, per lo Stato italiano, i “clandestini” devono essere espulsi, controllati, respinti alla frontiera o rinchiusi nei tristemente famosi CIE: in poche parole, gli italiani non devono accorgersi della loro presenza. Salvo il fatto che la prassi risulta essere molto diversa dalla realtà che il governo e i giornali offrono al pubblico; gli stranieri, si sa, hanno sempre rappresentato un’utile manodopera per i Paesi dell’Occidente e, oggigiorno, gli stranieri irregolari sono ancora più convenienti all’economia e al welfare italiani perché, vivendo da invisibili, più facilmente si può negar loro una serie di diritti garantiti agli italiani e agli stranieri regolari. Infatti, le donne dell’Est Europa, volgarmente dette badanti, servono a curare gli anziani non più autosufficienti, gli operai disposti a fare turni di lavoro estenuanti sono convenienti per le imprese, le colf puliscono bene le case degli italiani e il muratore egiziano è disposto a lavorare per un salario notevolmente più basso rispetto a un italiano.
Gli stranieri irregolari sono tutti legati con un doppio filo alla madrepatria e al Paese che li accoglie, o meglio, li accetta, in questo caso l’Italia; alcuni hanno progetti di stanziamento definitivo, altri vorrebbero tornare dalla famiglia rimasta nella terra d’origine e altri ancora sognano
di ricongiungersi con i figli sul territorio italiano. Tutti però, per il momento, risiedono in Italia e tutti i giorni devono confrontarsi con una realtà difficile e complessa, in cui le pratiche adottate per trovare lavoro, tentare di regolarizzarsi, sfuggire ai controlli delle forze dell’ordine e per provare ad integrarsi sono improntate alla prudenza e all’accortezza, poiché sono molteplici le paure e le incertezze che permeano la loro vita da irregolari.
Nonostante l’eterogeneità dei governi che si sono succeduti nel corso degli ultimi decenni, le politiche sull’immigrazione in Italia sono sempre state basate sull’esclusione ed estromissione da alcuni diritti – tra cui il diritto alla salute, all’istruzione, a lavorare in regola e a votare – riservati agli italiani e stranieri in possesso di regolare permesso di soggiorno.
Alcuni scelgono di emigrare per motivi economici, motivando la loro decisione come frutto di una risoluzione ponderata e che ha come scopo principale la ricerca di un lavoro che permetta loro di guadagnare più che in patria e poter così condurre una vita migliore. Ciò che però queste persone non calcolano è che l’Italia non è l’El Dorado che pensano, poiché la conseguenza diretta della loro condizione di irregolarità è un lavoro in nero, privo di alcuni fondamentali diritti e che permette a stento di mandare a casa rimesse e di accumulare sufficiente denaro per fare progetti di stanziamento definitivo o di ritorno in patria.
La regolarizzazione viene a porsi come il coronamento del difficile cammino dell’immigrato verso il raggiungimento di un’integrazione spesso negata e di un inserimento ostacolato da un’assurda legislazione che si preoccupa principalmente di attirare voti e nascondere manifeste realtà di uomini e donne che in Italia sperano di rimanere.
Moustafa, immigrato irregolare in Italia da parecchi anni, riassume con poche parole quello che significa vivere da “clandestino”, in un Paese che nega l’accoglienza a chiunque sia considerato diverso:
“La parte più bella della mia vita l’ho passata qui. Il migliore momento della vita, quando puoi vivere e goderti la vita l’ho passata soffrendo qui in Italia. Perciò cosa devo fare? Rimango qui a lungo? Per ora mi è andata bene, non ho mai dormito per le strade, ma ho fatto fatica. Nessuno può immaginare la fatica che ho vissuto, a volte esco per piangere, ogni tanto esco, mi metto così, fino a che passa.”






Eleonora Figini

sabato 9 giugno 2012

CARICHI E POSITIVI:IL MAGICO MONDO DEL MARKETING





Maggio 2012,Formigolandia (parco di divertimenti che ha da tempo sostituito la città di Milano ),una data qualsiasi:
Temperatura tendente ai 20 gradi ,ma il tasso di umidità da foresta cambogiana la fa sembrare più vicina a quella riscontrata sulla superficie di Mercurio a Mezzogiorno, che alla normale calura del Pianeta Terra.
Tu,bardato in un completo da persona seria che non pensavi di avere(e infatti sono tutte cose di tuo padre),ti avvicini al secondo giorno del nuovo ,fantastico lavoro che hai avuto la fortuna di trovare così,un po’ per caso un po’per cazzo,in quel di via Domodossola,un lavoro “davvero meritocratico ,positivo e divertente “(come recita la brochure ),un impiego tanto bello e tanto FANTASTICO(il maiuscolo è d’obbligo),che dopo una sola volta ti ha già frantumato i cojones.
(Momento carico di suspense)


IL DIALOGATORE.
TA DAAN
Il dialogatore ,così recita la leggenda ,è un soggetto ibrido ,metà templare e metà squalo alla Gordon Gekko,votato alla difesa dei Bimmbi(con almeno quattro emme),ma anche all’arricchimento personale e alla crescita professionale,un angelo con ali da diavolo,o un diavolo con l’aureola ,insomma un essere superiore ,animato tra l’altro da una sovrannaturale spinta detta Positività .
Tu,il generico te stesso protagonista del racconto qui riportato,dialogatore lo sei solo da poco,e devi capire ancora molte cose di questo mondo.Il primo mistero che ti viene in mente,mentre dividi l’ascensore con un tuo collega,è il seguente :ma come caxxo fanno a non morire con questa temperatura ,così conciati con cravatta,maglione similmarchionne e giacca da Wall Street ,quando il sottoscritto con indumenti simili ha già perso 20 chili in sudore e ha ormai dato il benvenuto a una allegra colonia di funghi sotto le ascelle ?
La soluzione ti appare poco dopo ,mentre varchi le porte del Sancta Sanctorum dell’ufficio,chiara come la scarica di musica similtechno che già alle 10 di mattina pompa nelle casse di quel luogo magico:questo è un altro Mondo,o meglio ,un universo parallelo.
Una Dimensione dove l’utilizzo di termini inglesi è il modo speciale per dare un tono anche alle peggiori cagate,dove non c’è crisi ,ma allegria ,felicità e divertimento,dove si guadagna tanto e bene,a patto che si seguano i mitologici otto gradini del successo e i cinque impulsi dell’entusiasmo,dove non ci sono capi,ma “simpatici” compagni di viaggio sempre pronti a darti consigli,dove la scala gerarchica verso l’alto è facilmente percorribile,a patto che tu abbia sempre un bel Sorriso .

 IN QUESTO MODO
Già abbastanza stordito da questa illuminazione,il sottoscritto non può fare altro che arrendersi,lasciarsi trascinare dall’uragano di Team council,residential,prime time,highroller,simpatiche battute da slogarsi la mascella per renderle più vere,giornate sul campo,in street,con la pitch,con la readsheet,con il badge ,intervallate da short break ,feedback alla fine del turno,post vendita ,professionalità,carichi di grinta e di voglia ,sostenuti dalla legge delle medie ,dalla
Legge di Jones,customer service ,principio del See e del Kiss,,controllo qualità,sexy party e cetriolini verdi (quest’ultimi due li ho aggiunti io,per dare un po’ più di colore).
Un vortice inverecondo ,un macigno che preme sulla tua persona per tutta la giornata,passata sotto il sole a provare a fermare ignari passanti per sottoscrivere adesioni,mentre i piedi si fondono,le bestemmie in testa aumentano,il tuo tutor sbraita che non stai mantenendo l’atteggiamento e l’entusiasmo ,il tuo desiderio di tornare a casa sale e la voglia diminuisce.
Ti chiedi se è davvero tutto ciò il meglio offerto dal mercato del lavoro italiano,una realtà virtuale capace di lasciare il resto dell’esistente fuori dalla porta,dove il salvifico stipendio garantito professato dal contratto iniziale è una mero proforma ,costruito ad hoc per spingere alla firma,poiché in realtà non sussiste al di sotto di un certo numero di adesioni mensili .
Ed è proprio quest’ultima scoperta,la sorpresa da ovetto Kinder finale,a dare il senso compiuto alla tua giornata,conclusasi per la cronaca su un oscuro treno da Mordor(meglio nota come stazione Garibaldi)delle 22.40,ad inveire mentalmente con il tuo collega che ti spiegava che sì ,il fisso manca,ma però ciò di invoglia ad impegnarti di più e a produrre,evitando spiacevoli rilassamenti e perdite di tempo.
Insomma,un vero e proprio Paese delle meraviglie,colorato e senza quella rompicoglioni di Alice.


CREDICI ANCORA !

P.s :nessun dialogatore è stato maltrattato durante la stesura di questo articolo.


Luca Frosini

ANTIPOLITICA: UN GRILLO NELLA TESTA DI MOLTI ITALIANI


6/7 Maggio 2012, il movimento dei grillini ottiene una schiacciante vittoria contro molti dei tradizionali partiti in tanti comuni italiani.
Il Movimento 5 stelle, nato nel 2007, si definisce "ANTIPOLITICO", termine che in sè significa "contro la politica" e che di fatto esprime il messaggio: "non ci sentiamo rappresentati da nessun partito".
Tutto questo però costituisce un enorme paradosso! Perchè un movimento che è contro la politica aspira a dei posti nei comuni italiani? Perchè fa una campagna e propone liste come un normale partito? Già si può vedere che c'è qualcosa che non torna.

La vittoria di Grillo riesce, tuttavia, a far credere alla gente che questo sia il segnale di una "coscienza civica". Ma, al contrario di  quello che si può credere, i grillini dormono della grossa, sognando una città con wi-fi gratis, libri in formato digitale, votazioni via web e altre deliranti idee.
È questo il meraviglioso mondo dei grillini. Ma.. non è oro tutto quello che luccica. L'apparente fascino del programma elettorale ha spinto molti italiani a votare per loro, ma dove sono le idee riguardo agli attuali problemi che coinvolgono sempre più italiani? Dove si parla di scuole, famiglie, lavoro, anziani?

Tutto ciò che è stato capace di fare Grillo finora sono solo piacevoli critiche verso il sistema politico ed economico italiano. Bravo Grillo! Servivi proprio tu per farci notare la moltitudine di problemi presenti nel nostro paese. Peccato che tutti siamo capaci di biasimare, ma serve che oltre alle critiche si tirino fuori le alternative per andare verso il miglioramento, e che al posto di investire soldi nel wi-fi si tengano in considerazione le molte famiglie non arrivano a fine mese.

E sono stati purtroppo molti gli italiani che si sono lasciati trascinare dentro questo pensiero. Non si tratta solo di chi ha votato per Grillo, ma di tutti quelli che non sono andata a votare, immersi nel pensiero comune che "tutti i politici sono ladri e nessuno cambierà mai le cose, perchè tutti fanno solo i propri interessi". Èd è proprio da qui che nasce l'antipolitica, una sorta di pregiudizio, di etichetta, maturata con il tempo che è diventata piano piano una giustificazione per cadere nell'indifferenza, a danno di chi, invece, si impegna per il vero cambiamento, quello che si costruisce con vere idee e valori e non critiche o mere ambizioni.

Elena Frigerio

martedì 5 giugno 2012

La democrazia ai tempi dei terremoti

Maggio è stato un mese segnato dalla bomba a Brindisi che ha ucciso una sedicenne e da due terremoti in Emilia Romagna che hanno ucciso complessivamente quasi 30 persone.
Quando quel 19 maggio davanti all’Istituto Morvillo-Falcone sono esplose tre bombole i pensieri sono stati molti, la ricerca di un responsabile: mafia, Stato, atto di un folle?
Forse non sapremo mai la verità, ma la cosa più bella è stata vedere tutti gli studenti italiani alzarsi per dire no alla violenza, no a quell’assurda morte, per pretendere verità e giustizia da uno Stato che troppo spesso ha negato sia l’una che l’altra.
La mobilitazione generale ha dato a tutto il Paese un insegnamento di civiltà, di solidarietà tra nord e sud dove per anni il meridione era visto solo come covo di mafiosi, di coscienza che appunto la mafia non è solo un fenomeno meridionale ma saldamente radicato nel nord “padano”.
Il giorno dopo, domenica 20 maggio, la terra trema per la prima volta alle 4 del mattino... Accendo la tv e vedo l’Emilia colpita da un sisma che non si pensava possibile in quella zona, 6 gradi della scala Richter, 10 morti (tra cui vari operai nei capannoni) e danni a edifici e monumenti. Altre morti assurde, evitabili se quei capannoni fossero stati sicuri e non si fossero accartocciati.. Torna in mente L’Aquila distrutta, parte la solidarietà, ma il Governo afferma che d’ora in avanti soccorsi e ricostruzione non saranno pagati dallo Stato, abbandonando al loro destino migliaia di feriti e sfollati. Passano 9 giorni e un altro sisma scuote le stesse zone, distruggendo quanto era rimasto in piedi: altri 16 morti (almeno) e altre migliaia di sfollati.
Tra i morti altri operai, che qualche imprenditore aveva fretta di far tornare a produrre e lavorare, magari senza aver compiuto tutti gli accertamenti...
Sul web impazza la solidarietà, ma vi si unisce l’appello - partito dai comunisti ma che ha rapidamente coinvolto anche forze politiche con sensibilità diverse - a non celebrare il 2 giugno con la solita parata militare, costosa e di dubbio gusto. Un provvedimento simile era già stato preso nel 1976 dal Ministro Forlani (DC).
Il Presidente della Repubblica, che qualcuno reputava comunista in quanto non berlusconiano (povera Italia!) afferma però che la parata verrà mantenuta in ricordo delle vittime, per mostrare la forza democratica del Paese.
Ma se milioni di persone hanno chiesto di non fare quella parata, se il popolo si è mobilitato per dire NO a quell’indegna sfilata in armi, che democrazia è ignorare tutto questo? Sarebbe prova di forza democratica far sfilare l’esercito come nei regimi dittatoriali di ogni segno politico, peraltro in un momento in cui quelle risorse e quegli uomini servirebbero tantissimo nelle zone colpite dal terremoto. E’ illogico pensare che mentre a noi vengono chiesti 2 euro da cellulare per la protezione civile si spendono milioni di euro per mostrare le armi a un vecchietto con poco senso del suo ruolo di garante di una Costituzione che ripudia la guerra.



Stefano Rognoni

Le elezioni contro la crisi

La tornata elettorale che ha coinvolto l’Europa (presidenziali francesi, amministrative in Germania e Italia, politiche in Grecia) ha segnato la sconfitta della linea del rigore finanziario imposto dalle banche e dagli speculatori col sostegno della cancelliera Angela Merkel.
In Francia la vittoria di Hollande, che riporta un socialista alla carica di Presidente della Repubblica dopo 31 anni, è dovuta essenzialmente alla sua forte campagna contro il rigore fine a sé stesso, tesa a porre l’accento sulla crescita. Ottimo è stato il risultato anche della Sinistra radicale francese che ha quintuplicato i consensi e giungendo all’11% con un programma fortemente anticapitalista.
Le elezioni amministrative in Italia hanno prodotto un forte arretramento dei partiti a sostegno del Governo Monti: il PDL è evaporato, il cosiddetto Terzo Polo “non ha ragione di esistere” (Casini), il PD perde milioni di voti (anche se nel crollo generale finisce per vincere le elezioni e conquistare amministrazioni)... La Lega Nord invece crolla sotto il peso dei suoi scandali, dopo aver cavalcato per vent’anni il tema di Roma ladrona ed essersi infine scoperta ladrona quanto Roma.
In Germania il partito di governo perde entrambe le elezioni regionali a vantaggio dei socialdemocratici che propongono di allentare il rigore di bilancio.
In Grecia i partiti dell’austerità perdono la maggioranza dei seggi (il Partito Socialista che nelle scorse elezioni disponeva del 44% dei voti oggi non ne raccoglie nemmeno un terzo e si ferma al 13%). Si registra la grande avanzata della Sinistra (Syriza) che diventa secondo partito scavalcando appunto i socialisti e che oggi è data come primo nei sondaggi per le nuove elezioni che si terranno a giugno. Syriza chiede la nazionalizzazione delle banche e dei settori strategici, il divieto della speculazione finanziaria, l’abolizione della partecipazione dei privati nella sanità, la riduzione drastica delle spese militari e il ripristino dei diritti dei lavoratori cancellati dall’Europa delle banche.
Da questi dati risulta chiaro che i popoli sono stanchi di pagare i debiti provocati dagli speculatori, che ogni giorno stanno a casa a gestire il loro portafoglio come un videogame con la differenza che si gioca con vite umane.


E’ lo sbocco politico elettorale di una stagione di lotte che hanno visto i lavoratori contestare duramente le scelte dei leader mondiali con fenomeni come Occupy Wall Street, le manifestazioni degli Indignados in Spagna, in Gran Bretagna, Francia, Italia...
La responsabilità per le forze politiche della Sinistra è enorme: a loro spetta dare voce ai popoli europei e cambiare davvero il volto economico, sociale e politico del vecchio continente.



Stefano Rognoni

lunedì 12 marzo 2012

IL COMUNISMO OGGI

Conoscenza, consapevolezza, è questo che manca alle persone. Alla domanda: “cos'è per te il comunismo?” ho sentito simpatiche, stravolte definizioni che spesso coinvolgono lo stalinismo e il "terrore e morte" che ci propinano i media ogni volta che si parla di questa ideologia. Una celebre frase di Karl Marx sembra risolvere, in parte, l'enigma: “Il comunismo, per noi, non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente.” Oggi il comunismo non è più un ideale, un movimento, ma una necessità. Il comunismo rappresenta la necessità di opporsi al moderno sistema capitalistico che non ha fatto altro, nei secoli ,che arricchire i ricchi e impoverire i poveri. Siamo giunti infatti, nell'era moderna, ad un punto di non ritorno. Assistiamo ad un mondo diviso tra grandi potenze che si contendono le risorse del pianeta provocando guerre e conflitti “in nome della democrazia". La crisi attuale del sistema colpisce ormai anche il nostro Paese, non è più affare di altri, l'ingiustizia del capitalismo è qualcosa che coinvolge le nostre vite fin nelle nostre case. 
Il comunismo nasce dalla lotta del popolo per la libertà, per i suoi diritti.
Alla base del comunismo vi è inevitabilmente un'equa distribuzione di ricchezze ma questo presuppone che la mentalità delle persone muti. La gente non dovrebbe più pensare al profitto, all'arricchimento individuale, ma a quello della collettività. In questo modo verrebbero inevitabilmente a ridursi le differenze sociali, lo stato sarebbe in grado di garantire a ognuno una vita prospera e sana creando coesione e aiuto reciproco tra le
persone. Se tutto questo venisse poi allargato al mondo intero, allora avremmo un “mondo nuovo”, dove non saranno più le multinazionali, i governi sempre più corrotti a comandare ma saranno la solidarietà, l'uguaglianza e la pace le regine del nostro pianeta. Bisogna opporsi alla situazione attuale di sfruttamento in cui la lotta si fa tra lavoratori di diverse nazionalità . Bisogna opporsi al senso comune, al pregiudizio e il comunismo è necessariamente alla base della nostra lotta. Scuola pubblica e gratuita, diritti per tutti i lavoratori, rispetto per l'ambiente: questi sono i nostri valori, lottare per questo è la nostra ragione d'essere comunisti

Emanuele Amighetti e Stefano Rognoni

TAV: UN'OPERA VORACE.


La linea ferroviaria ad alta velocità (TAV) Torino – Lione è una grande infrastruttura che viene presentata dai promotori come indispensabile per evitare che il Paese rimanga tagliato fuori dai traffici commerciali con l’Europa, e necessaria per spostare il traffico merci dalla gomma alla rotaia, e quindi ridurre il traffico autostradale e l’inquinamento.

Fin dall'inizio la popolazione in Val di Susa si è  fortemente opposta a questo progetto.
La valle è infatti già percorsa, oltre che da un'autostrada, dalla linea ferroviaria internazionale a doppio binario, attualmente molto sottoutilizzata, perciò i cittadini considerano controproduttivo spendere 16-17 miliardi di euro per una rete nuova, quando basterebbe potenziare quella attualmente esistente.

Inoltre, anche se il trasporto ferroviario è meno inquinante rispetto a quello su asfalto, considerando il progetto TAV che comprende 70 chilometri di gallerie, 10 anni di cantiere, tonnellate di cemento e materiali di scarto, si ha che il consumo di materie ed energia rimane ugualmente superiore al trasporto su gomma.

I cittadini in val di Susa hanno esposto le loro ragioni pacificamente, ma hanno ottenuto una risposta non ugualmente serena, infatti le "forze dell'ordine" hanno subito fatto irruzione e non si sono accontentate di forzare il blocco e sfasciare il campo, ma hanno lanciato gas lacrimogeni direttamente sulla folla e hanno compiuto violenze inutili sui manifestanti.

Il 30 Gennaio 2012 è stato sottoscritto un accordo da Francia e Italia a Roma, il quale denota ancora molta incertezza a proposito dell'opera, che è stata rimandata in buona parte alla disponibilità dei fondi europei. Per dare il completo via libera all'opera c'è dunque bisogno di un protocollo addizionale separato, che deve tenere conto della partecipazione definitiva dell'Unione Europea al progetto.

Il 5 Marzo, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si è rifiutato di incontrare i rappresentanti del movimento No Tav, stigmatizzando le violenze compiute nel nome dell'opposizione, dimenticandosi del fatto che sono state molto di più le violenze compiute da parte delle forze dell'ordine che quelle compiute dai manifestanti.

Il progetto TAV è una delle tante prove della mancanza di democrazia nel paese. Il cittadino non ha infatti il potere di decidere neanche sul suo territorio, ma deve invece subire le decisioni altrui senza poter avere voce in capitolo.

Elena Frigerio