lunedì 24 settembre 2012

Comunismo


Più parlo con la gente e più sento certi discorsi più mi rendo conto di una cosa, la gente di cosa sia il comunismo non ne ha la più vaga idea.

Da qui dovrebbe partire la nostra opera d’ informazione. Ma come si può condensare 160 anni di storia, guerre, rivoluzioni, internazionali, scissioni, riunioni, fusioni ri-scissioni e quintali di documenti politici in un linguaggio abbastanza chiaro da essere comprensibile a gente convinta che i comunisti siano stati al potere quando Prodi era Presidente del Consiglio? Bella domanda. Partiamo spiegando facendo un sunto de “Lavoro salariato e capitale”? No direi di no…. Partiamo da una profonda analisi dei primi paesi socialisti? No anche qui non è il caso.

Partiamo con una domanda allora.

Ma vi piace così tanto farvi il mazzo un bordello di ore al giorno per guadagnare uno stipendio il più delle volte insufficiente per pagarvi cose che potreste avere gratis (casa, gas, luce, acqua, servizi e tutto quello che serve ad una persona per avere una vita decente)?!

Ma vi piace così tanto avere rogne su rogne tra la scuola per i figli (apparentemente gratuita ma per la quale chissà per quale motivo bisogna cacciare un sacco di soldi) avvocati, cause, bollette che si accumulano e cartelle dell’Equitalia per bolli auto non pagati nel '97?

Ma vi piace così tanto farvi venire le palpitazioni ogni volta che dovete fare benzina mentre c’è gente che si cambia il Cayenne due volte all’anno?!

Ma vi piace così tanto acquistare un jeans Levi’s (ottimi jeans per carità) a più o meno 300 volte il prezzo di costo?

Dite la verità ma ‘sto mondo vi piace così tanto?

A me no. Anzi, mi fa proprio schifo e siccome viviamo in una società basata sul cosiddetto libero mercato traggo la conclusione che il libero mercato fa decisamente pena . A questo punto qualcuno tra voi potrebbe obiettare che le cose vanno così da sempre, che non si può cambiare e che non c’è alternativa, insomma, bisogna adattarsi. Ma se l’alternativa ci fosse?

Anche io come parecchi di voi ero convito che le cose tutto sommato andassero bene e che l’andare al lavoro per guadagnare una cifra X mentre il mio datore di lavoro ne guadagnava una XXXXX fosse l’ordine naturale delle cose. Ne ero fermamente convinto finché non ho scoperto una parolina magica: PIANIFICIZIONE.

Già cari ragazzi! PIANIFICAZIONE.

Credete che sia nato prima l’uovo o la gallina? Credete che i vestiti che abbiamo nell’armadio siano li perché il signor Levi ha messo su la fabbrichetta? No! Sono li perché i vestiti ci servono, dobbiamo coprirci e ripararci dal freddo. Credete che le posate sulla vostra tavola siano li perché un tizio ha messo in piedi una ditta di stampi metallici? No! Sono li perché ci serve qualcosa per portare il cibo alla bocca senza infilare la testa nel piatto. Noi umani siamo fatti così a determinai problemi cerchiamo determinate soluzioni.

Gli intrusi, “quelli di troppo” sono i signor Gucci e affini che sfruttando i nostri bisogni materiali e per soddisfare la loro avidità ci costringono a comprare i vestiti fatti nella loro ditta e le postate stampate da loro al prezzo che decidono loro (o crediamo davvero che l’economia sia metafisica e non dipenda dalle persone). Crediamo davvero che senza imprenditori saremmo costretti a girare nudi per strada o sbranare un tacchino intero nell’impossibilità di avere forchetta e coltello? Non siamo ridicoli! Siamo Homo Sapiens o amebe del cazzo!

Seguite il ragionamento, visto che possiamo soddisfare i nostri bisogni e risolvere i nostri problemi usando semplicemente 1)cervello 2) pollice opponibile si può sapere perché dobbiamo mantenere centinaia
di migliaia di parassiti che si arrogano il diritto di disporre delle nostre vite con la scusa del lavoro e ci impongono un sistema di vita fatto a loro uso e consumo.

Quindi signori e signore usiamo quello che madre natura ci ha dato, mani e cervello.

Il socialismo è questo usare il cervello. Sedersi attorno ad un tavolo facendo girare le rotelle per far si che ogni essere umano su questo cacchio di pianeta non soffra la fame, possa godere ti tutte le meraviglie che la mente umana produce e possa fare una vita degna di questo nome senza la spada di Damocle della povertà che gli pende sulla testa.

Per far si che un Paese possa funzionare e che i suoi abitanti abbiano una vita più che soddisfacente lo Stato (ossia la comunità delle persone, ossia TU che stai leggendo ed IO!) decide come dove e quando produrre beni e servizi, nel modo meno dispendioso meno inquinante e più efficiente possibile.

La comunità ci assegna un compito (postino, metalmeccanico, poliziotto e medico) noi lo svolgiamo e in cambio riceviamo di che vivere. Senza ricatti, senza sbattimenti, quasi senza fatica.

Niente tasse, niente carte di credito, niente rate, niente RID, MAV, 730 fatture con o senza sconto, niente curriculum vitae, niente disoccupazione, niente rogne. Soltanto cibo, casa, luce, gas, acqua, scuola, sanità, trasporti e chi più ne ha più ne metta gratuito e pacificamente fruibile in cambio di qualche oretta di lavoro.

Uscite la mattina, andate in un posto di lavoro organizzato in modo tale da non pesarvi più di tanto e di non mangiarvi troppo tempo (lavoro che tra l’altro non avete neanche dovuto cercare e dal quale nessuno vi può cacciare), tornate a casa e vi godete la vita senza scazzi e senza rogne. Questa signori si chiama PIANIFICAZIONE, questo signori si chiama usare il cervello, questo signori si chiama COMUNISMO.

Vi fa così schifo?

Ah tranquilli! Il televisore HD e il tablet sono inclusi.

Ezio Colombo

Carbosulcis e Alcoa. Le proteste operaie




È da fine agosto che assistiamo alla rabbia, alle proteste degli operai e dei minatori, in seguito alle notizie della possibile chiusura della Carbosulcis e dell'Alcoa.



Abbiamo visto i minatori barricarsi in miniera, a 400 metri di profondità con ingenti quantità di esplosivo custodito da loro.
Un minatore, facente parte della Rsu, tagliarsi un polso davanti alle telecamere nel corso di un intervista.

Ora i minatori possono tirare un sospiro di sollievo dopo l'annuncio che la miniera del CarboSulcis non chiuderà il 31 dicembre. L’annuncio è arrivato dopo un incontro, avvenuto a fine agosto, al ministero tra il ministro dello Sviluppo Economico, Corrado Passera, il presidente della Regione Sardegna, Ugo Cappellacci, il presidente della Provincia Carbonia-Iglesias, Salvatore Cherchi e il sottosegretario allo Sviluppo Economico, Claudio De Vincenti. All’incontro si è anche deciso di rivedere il progetto carbone pulito per aggiornarlo e renderlo compatibile con le migliori tecnologie ed economicamente sostenibile.

Gli operai dell'Alcoa con dei sindacalisti continuare la loro lotta con varie forme di protesta: in 500 a Roma davanti al ministero dello sviluppo economico facendo sentire tutta la loro rabbia; poi in 350 bloccare il traghetto Tirrenia per la Sardegna.
Stare a 70 metri di altezza su un silos con uno striscione con scritto “disposti a tutto”. Incatenarsi davanti ai cancelli dello stabilimento sardo... ottenendo, non come speravano, solo il rallentamento del processo di spegnimento delle celle, invece dell'interruzione.
Insomma non è andata altrettanto bene ai lavoratori dell'Alcoa, visto che lo stabilimento sarà abbandonato dal gruppo Usa dell'alluminio a fine anno.

Oggi per gli operai dell'Alcoa forse c'è qualche speranza, anche se è ancora tutto prematuro. Già due aziende svizzere, la Glencore e la Klesch, sarebbero interessate allo stabilimento. Claudio De Vincenti, sottosegretario allo Sviluppo economico, avrebbe già chiarito con i dirigenti della Glencore alcune condizioni, come il costo dell'energia. Sembra che questi chiarimenti siano stati colti positivamente da Glencore.
Si sarebbero aggiunte altre due aziende, di una certa importanza. Una società torinese che offre la possibilità di utilizzo di un nuovo strumento energetico. E l'altro sarebbe un gruppo cinese.

Alcoa è l'azienda che consuma più elettricità in Italia. Questo dato ha fatto sì che i proprietari abbiano potuto usufruire per anni di incentivi sull'acquisto di energia.
Alcoa, dicono gli operai che lottano per il loro posto di lavoro, è anche un'azienda profittevole. Forse non abbastanza per chi vede in altri "lidi" maggiori guadagni di quanti è ora in grado di fare, nel nostro Paese, in un periodo di crisi. Se dovesse chiudere rischierebbe di bloccarsi l'intera filiera dell'alluminio presente in Sardegna, con ulteriori licenziamenti.

La Sardegna è in tensione per il rischio di perdita di molti posti di lavoro, in una terra in cui trovarne un altro diventa un'impresa sempre più ardua tanto da intravedere di nuovo lo spettro dell'emigrazione di massa all'estero.

Ora c'è solo da sperare che tutto vada per il meglio, per tutti quegli operai che ogni giorno tengono duro per non perdere il loro posto di lavoro, nonostante la crisi, nonostante persone più in alto che non guardano in faccia a niente e nessuno quando ci sono in mezzo gli interessi e i soldi.

La loro lotta continua come il nostro sostegno nei loro confronti, ognuno ha il diritto di lavorare.

Mirko Serpa

Come uscire dalla crisi: la truffa della speculazione bancaria


La situazione economica del paese sta peggiorando rapidamente a seguito delle politiche del governo Monti. Nei telegiornali, la crisi è spiegata come un fenomeno naturale e le cure sarebbero le manovre che impoveriscono sempre di più la gente, spacciando questo come "sacrificio" indispensabile.

Ma poche persone realmente capiscono le origini di tale fenomeno, le cause, e le vere cure che servirebbero al paese.
Per questo, Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione, ha scritto un libro in grado di far capire la nostra situazione attuale anche a chi non ha conoscenza del mondo della finanza.
Il problema, scrive Ferrero, «non è il debito pubblico ma la speculazione». E la crisi finanziaria non è la causa ma solo l’effetto della crisi strutturale del capitalismo. Se la causa è strutturale e risale al capitalismo allora è evidente che non saranno i tagli a portarci fuori dalla crisi restituendoci un futuro, né la riduzione dei salari e dei diritti, né è percorribile la strada delle liberalizzazioni e delle privatizzazioni.
La speculazione deriva dalla BCE, la quale da all'1% i soldi alle banche private nazionali e queste a loro volta speculano sui titoli di stato. In questo modo si viene a creare un debito enorme, che lo stato deve restituire alle banche private. Così, esse si arricchiscono e lo stato si impoverisce. Lo stato non ha sovranità monetaria, perciò deve pagare dei soldi che sono solo frutto di una speculazione, in poche parole una truffa.
Tutto il sistema capitalista si basa sul guadagno. Questo però può essere cambiato. Ecco cosa proponiamo per risolvere il problema:
Come obiettivo europeo la modifica dei trattati di Maastricht e dello Statuto della BCE trasformando la medisima in una Banca centrale sottoposta alle direttive del Parlamento europeo e avente come obiettivi istituzionali la piena occupazione e il finanziamento dei Fondi comunitari degli stati membri, attraverso l'acquisto diretto dei titoli di stato.
Sul piano italiano:
- tutelare i piccoli risparmiatori anche allungando i tempi di restituzione e la definizione delle cifre da rimborsare alle grandi finanziarie, cioè agli speculatori. 
- nazionalizzare le banche, dividere tra banche commerciali e banche di investimento
- mantenimento del carattere pubblico delle Poste e trasformazione della Cassa Depositi e Prestiti in una banca pubblica finalizzata a finanziarie enti locali, aziende pubbliche e beni comuni
- apertura presso l'Inps di un Fondo per la gestione delle pensioni integrative da rendere fiscalmente conveninte rispetto agli altri fondi pensione.

L'informazione e la conoscenza stanno alla base di tutto. Solo un popolo istruito ha la facoltà di cambiare le cose e di non lasciarsi soggiogare da chi lo vorrebbe schiavo.

Elena Frigerio-Dario de Mutiis

Mafia al nord


Criminalità organizzata, cosa nostra, 'ndrangheta, camorra, sacra corona unita, quante volte abbiamo sentito nominare queste brutte parole, e per anni, gli abitanti del nord Italia hanno vissuto sereni, nella sbagliata convinzione che fosse un problema che riguardasse soltanto il sud (concetto tra l’altro discutibile e campanilistico). I fatti degli ultimi 20 anni hanno però finalmente svegliato la coscienza cittadina, a partire dall’operazione” i fiori di S. Vito”, degli anni -90 arrivando fino all’operazione Ulisse, che lo scorso 11 settembre ha portato a 37 arresti tra Mariano, Giussano, Seregno e Cantù.

I dati di cui siamo in possesso ci dicono che dal 2004 ad oggi tra Legnano, Busto Arsizio e Varese si contano otto omicidi riconducibili a fatti di mafia, le estorsioni sono ormai all’ordine del giorno, le infiltrazioni all’interno dell’imprenditoria si possono toccare con mano e quelle nell’operato riguardante le grandi opere pubbliche e le infrastrutture anche.

Può sembrare banale ma crediamo fortemente che ogni cittadino debba fare la sua parte, bisogna far si che nella mentalità comune entri a pieno regime il concetto che il compromesso mafioso è una cosa da cui stare lontani ,da combattere da denunciare, rifiutando anche quegli apparenti vantaggi che il piegarsi potrebbe comportare.

Poi c’è la voglia ed il desiderio di giustizia, legalità,questo sentimento dobbiamo imparare a coltivarcelo dentro, farlo crescere con noi, elaborarlo e trasmetterlo in tutte le nostre attività di cittadini onesti.

Le Amministrazioni Comunali, le Istituzioni, lo Stato …

Secondo noi la lotta alla mafia inizia nelle piccole Amministrazioni, dove è fondamentale che chi ha il potere di farlo, dimentichi definitivamente il favoritismo mafioso, il compromesso, il voto di scambio, tutti elementi che hanno portato il nostro paese alla deriva in cui ci troviamo oggi. Siamo assolutamente convinti che se si iniziasse così sarebbe plausibile avere la speranza(e di proposito intendiamo parlare di speranza, non di sogno utopico) che nel giro di poco tempo anche all’interno delle grandi forze politiche non ci siano più indagati, collusi, corrotti, condannati, rinviati a giudizio e chi più ne ha più ne metta.

All’interno delle piccole comunità crediamo fortemente che si debbano anche dare dei segnali forti, di cambiamento e di voglia di NON OMERTA’ per far si che chi subisce estorsioni, ricatti ed abusi mafiosi di ogni genere vinca la paura e denunci i fatti.

Dovrebbe anche ,sempre secondo il nostro parere ,esistere un reale programma di protezione per chi eroicamente decide di NON AVERE PAURA.

Ribellarsi alla mafia è possibile, bisogna che tutti insieme si impari a gridare, come faceva il Compagno Peppino Impastato che:

LA MAFIA E’ UNA MONTAGNA DI MERDA!!!!!

Fabrizio Baggi

F.D.S. Sez. Mariano C.- Cantù

domenica 23 settembre 2012

Criminalità organizzata: l'attività della FDS Mariano-Cantù

La sezione della Federazione della Sinistra di Mariano e Cantù lo scorso 21 Luglio ha organizzato per le vie di Mariano una fiaccolata antimafia per commemorare,a vent’anni dalle stragi mafiose in cui persero la vita i giudici Giovanni Falcone ,Paolo Borsellino,gli agenti delle scorte e gli Eroi dell’antimafia Pio la Tore e Calo Alberto dalla Chiesa.
Era  fermo proposito degli organizzatori ,inoltre ,esortare la locale Amministrazione Comunale ad intitolare il parco cittadino di via dei Vivai alla memoria dei due magistrati siciliani rimasti vittime della criminalità organizzata nel ’92 a poco meno di due mesi l’uno dall’altro.
Sapevamo di toccare una questione delicata,che avrebbe urtato i benpensanti,convinti che la mafia al nord non esista,e che da noi il problema sia la microcriminalità specialmente straniera.
Seguendo  le cronache nazionali dei quotidiani degli ultimi anni,così come i fatti delle scorse settimane in Bianza in cui trentasette persone sono state arrestate per associazione mafiosa tra Giussano , Maiano , Seregno e Cantù ci si imbatte nella città di Mariano non per le sue tradizionali attività - l’economia del legno e dell’arredo o per la posizione di cerniera tra Como e Milano-bensì per fatti di mafia.
Una mafia ,che qui ,come nel resto della Lombardia,è oggi prevalentemente ‘ndrangheta,ovvero quella legata alla criminalità organizzata calabrese.
Queste organizzazioni criminali sono cresciute al nord in modo esponenziale e ciò è potuto accadere solo grazie ad un’inaspettata  congruenza di valori e stili di vita tra il nord e le organizzazioni mafiose.
E’,infatti ,difficile considerare la ndrangheta,un corpo estraneo rispetto alla società lombarda quando il consumo pressoché di massa della cocaina ha fatto di Milano e della Lombardia il fulcro del traffico di droga europeo.
E’difficile considerare la mafia un corpo  estraneo rispetto alla società lombarda ,quando la politica diventa una conta di pacchetti di voti sulla cui provenienza e su cosa venga chiesto in cambio nessuno fa domande.
E’ infine difficile considerare la mafia un corpo estraneo rispetto alla società lombarda,quando una certa imprenditoria nostrana ha fatto dell’insofferenza delle regole un’abitudine.
E’ vero che molte imprese sono state vittime delle intimidazioni e delle estorsioni mafiose ma è anche vero che altre hanno cercato  le organizzazioni mafiose per avvalersi dei servigi criminali,che aggirando le regole sono a loro modo rapidi ed efficienti.
Hanno un’ampia disponibilità di capitali,garantiscono manodopera a basso costo,e con nessuna rivendicazione sindacale;assicurando la sicurezza con una giustizia inesorabile e sbloccano a suon di mazzette qualsiasi pratica incagliata negli uffici pubblici.
Come Federazione della Sinistra di Mariano – Cantù abbiamo deciso di parlare di mafia al Nord,perché questa cultura mafiosa è del tutto incompatibile con i principi che il nostro Partito promuove.
In quest’ottica si colloca  anche la giornata che la sezione della Federazione della Sinistra di Mariano-Cantù ha organizzato sabato 15 settembre al Parco di via dei Viavai a Mariano con l’intento di riflettere tutti insieme e confrontarci su questo spinoso tema,cogliendo anche l’occasione per trascorrere qualche ora divertendoci ,giocando a calcetto,basket,pallavolo,o per i più pigri a carte.
La lotta alla mafia anche a Mariano comincia con il tenere gli occhi aperti  e non  voltarsi dall’altra parte facendo finta di niente.


Ruggero Arnaboldi
FDS sez Mariano -Cantù

 

La lotta alla mafia: una lotta per i diritti contro i favori


1 maggio 1947, 9 maggio 1978, 30 aprile 1982, 23 maggio e 19 luglio 1992.
Date che sembrano come le altre, ma che in realtà hanno segnato la vita di milioni di persone, soprattutto nel meridione ma non solo.
La prima data, la festa dei lavoratori del 1947, siamo appena usciti dalla dittatura fascista e alle elezioni per l'Assemblea Regionale Siciliana ha appena vinto il Blocco Popolare, l'alleanza tra socialisti e comunisti. Circa 2000 lavoratori, in prevalenza contadini, si riuniscono a Portella della Ginestra per manifestare contro il latifondismo, ma vengono bersagliati da raffiche di mitra che provocano 11 morti (di cui 2 bambini) e 27 feriti (di cui alcuni morirono successivamente). A sparare probabilmente membri di clan mafiosi che si incaricarono di portare avanti la reazione dei grandi proprietari alle rivendicazioni dei contadini.
La seconda data, il 9 maggio 1978, per molti solo la data del ritrovamento di Aldo Moro. In realtà voglio ricordarla come la data della morte di Giuseppe Impastato, militante comunista che aveva fatto della lotta a Cosa Nostra la sua ragione di vita, avendo capito che solo la società, solo l'avanzata dei diritti dei lavoratori potevano combattere davvero lo spirito mafioso. Si disse che si era suicidato, come se si potesse rompersi il cranio a sassate e successivamente legarsi ai binari del treno. Lo Stato preferì non vedere, troppo occupato in altre faccende, e forse sollevato dalla morte di quel piccolo grande uomo, di quel giovane che sognava di sconfiggere la mafia.
La terza è la data dell'uccisione di Pio La Torre, parlamentare comunista e segretario del PCI siciliano, firmatario della legge Rognoni-La Torre che introdusse il reato di associazione mafiosa.
E veniamo alle ultime due date, forse quelle più conosciute per ricordi personali e per eco mediatica: la strage di Capaci in cui perse la vita il giudice Giovanni Falcone, con un pezzo di autostrada letteralmente fatto saltare dai clan, e l'uccisione del suo collega, il giudice Paolo Borsellino.
Tutte queste date non le ho elencate per annoiarvi, ma per ricordare che la lotta alla mafia, oggi come allora, al nord come al sud, non l'hanno fatta solo gli uomini dello Stato, polizia e magistratura, ma anche politici, giovani, lavoratori. La lotta alla mafia deve nascere dalla società, perché è dalla società che le organizzazioni criminali traggono giovamento, elargendo favori dove dovrebbero essere garantiti diritti, offrendo protezione, riscuotendo tributi.
Dove il lavoro diventa un favore che solo un boss ti può elargire e non è più un diritto umano per tutti, ecco che la mafia si fa più forte.
La lotta per i diritti degli studenti e dei lavoratori non è solo importante in sé, ma anche perché toglie dal mercato criminale le vite di milioni di persone, perché è il mezzo migliore di combattere quel fenomeno mafioso che colpisce ormai da anni anche la nostra regione, anche la nostra città.

Stefano Rognoni

Il bello di coordinarsi

Si sa, Como non è una città in fermento. Non lo è da decenni. Sarà il lago che mitiga il clima, sarà che ormai l’unico argomento che sembra toccare il cuore del comasco è quello delle paratie, sarà che l’attenzione verso i giovani e le loro esigenze scarseggia, sarà… che sarà.
Eppure d’occasioni per arrabbiarsi, sdegnarsi, incuriosirsi, attivarsi ne offre tante: Como è una realtà che cambia insieme a tutto il resto, solo che non ce ne accorgiamo.
L’anno scorso, nel freddo e malinconico novembre lacustre, ad esempio, qualcosa è cambiato: Forza Nuova ha riaperto la sua sede; lo ha fatto in Via Milano ( “una scelta – stando alle dichiarazioni di Ferrara – dettata dal destino”,imbarazzante ossimoro), zona che è palcoscenico d’un’altra “occasione” che moltissimi non vogliono cogliere: io quando passo in quella via mi sento piacevolmente straniera nella mia città. Facce, lingue, odori, colori diversi: quella bella diversità che a me fa tanto venir voglia di capire, comprendere, entrare nel merito.
Ma torniamo ai fatti: Como ha una sede di Forza Nuova. Di questo, qualcuno, fortunatamente, si è accorto. Se ne è accorto l’ANPI, vittima da quel momento, di un sempre più crescente numero di attacchi diretti, revisionismi assurdi e schiaffi alla verità storica che sono ormai quotidianità. Se ne è accorto l’ARCI, tra striscioni ridicoli appesi qua e là (l’ultimo nella notte del 10 settembre, replicato davanti a diverse sedi della sinistra comasca – CGIL, Italia-Cuba, Istituto di Storia Contemporanea Perretta e ANPI stesso). Se ne sono accorti collettivi, partiti, associazioni, immigrati e chiunque con almeno un occhio ancora aperto e un pizzico di voglia di cambiare le cose.
Queste realtà, fatte di persone, idee, esperienze, capacità spesso molto diverse, si sono riunite attorno a un tavolo, nel modo più semplice e difficile (il mio ossimoro non è imbarazzante, poi ve lo spiego) che si possa pensare. Da Novembre è nato un “Coordinamento comasco” delle forze antirazziste, antifasciste, comuniste e anarchiche di Como e dintorni, nonché di singoli volenterosi e responsabili, estranei a sigle e partiti.
E’ semplice mettersi seduti e parlare di quel che non va; è difficile parlare per cambiare. Soprattutto se tra le mani si hanno strumenti diversi, sulle labbra parole diverse e istinti d’azione diversi.
Ma, la vicinanza tra persone che hanno un “sentire” comune, uno stesso senso di ingiustizia (e di giustizia), la volontà di vivere in una città che sviluppi una nuova consapevolezza di sé, è un punto di partenza, una  ricchezza  che non deve andare sprecata. Ed è da qui che siamo partiti. Da un sentimento che ci anima in ugual misura.
Anticipo la risposta alle accuse che mi merito dopo certi sentimentalismi:  “la bella diversità” di Via Milano è solo una gentil espressione se non è accompagnata dalla dura consapevolezza che la diversità pone effettivi problemi, soprattutto quando non si attiva un processo virtuoso di comprensione reciproca.  
La mancanza di questo processo, tuttavia, non giustifica né rende tollerabile la reazione di FN che, con la consueta retorica patriottica, afferma (sempre tramite le parole del capo) che bisogna “ripartire da qui, per riprendere la via di Como, ormai chiamata la via araba, per far sentire la nostra presenza a quegli italiani che hanno abbandonato questa via che durante la notte è diventato un luogo pericoloso”. Vi risparmio il proseguio fatto di “noi non siamo fascisti, quella è roba vecchia, noi siamo una forza del terzo millennio che vuole difendere gli italiani”.
Se solo fosse patrimonio comune che “difendersi” da una società che cambia a livello globale è il pensiero più primitivo e vecchio che io riesca a concepire, se solo fosse patrimonio comune l’intuizione che è nella conoscenza, nell’approfondimento, nella capacità di ripensarsi e porre le basi per un cambiamento da costruire con la lotta individuale e collettiva, allora forse … tutti sapremmo ridere di gusto davanti a certe parole.
Il Coordinamento ha deciso negli ultimi mesi di ampliare il proprio raggio d’azione, e anzi di concentrare le proprie energie su problematiche culturali, sociali, economiche e dunque politiche: l’8 settembre si è tenuto a Porta Torre un presidio circa il Forum Ambrosetti, emblema dell’assenza di democrazia reale, personificazione di giochi di potere, e occasione per radicare l’ingiustizia sociale del nostro sistema. Presto un presidio, fissato per il 25 settembre in Piazza Duomo, sulle vittime di Stato. Il Coordinamento intende cogliere ogni occasione per sensibilizzare la città su tematiche e nodi non sufficientemente conosciuti e sviscerati.
A rigor di correttezza: FN si è dissociata da molti degli attacchi diretti alle varie associazioni citate, lo ha fatto anche in occasione della recentissima sfilata di manifesti del 10 settembre. E’ però, a mio parere, fatto certo che la riapertura d’una sede di estrema destra a Como, nella sua ufficialità, abbia legittimato e privato d’ogni pudore le azioni dei simpatizzanti, riattivando così un contorno ben più vasto; ed è rispetto a questo humus d’inciviltà che il Coordinamento ritiene di poter proporre risposte, ipotesi e domande che stimolino un risveglio sociale. Un risveglio mai avvenuto davanti ad altre manifestazioni vergognose, mai mancate in questa nostra città, come la concessione di Piazza Cavour per l’annuale mostra sulle foibe organizzata da Militia.
Perché Como non si infetti ulteriormente, perché il virus dell’ignoranza non si mischi al battere dell’intolleranza, della sfiducia e del disfattismo, l’azione coordinata di chi ha in mente un’umanità migliore va nutrita e sostenuta.



Juls