martedì 5 giugno 2012

La democrazia ai tempi dei terremoti

Maggio è stato un mese segnato dalla bomba a Brindisi che ha ucciso una sedicenne e da due terremoti in Emilia Romagna che hanno ucciso complessivamente quasi 30 persone.
Quando quel 19 maggio davanti all’Istituto Morvillo-Falcone sono esplose tre bombole i pensieri sono stati molti, la ricerca di un responsabile: mafia, Stato, atto di un folle?
Forse non sapremo mai la verità, ma la cosa più bella è stata vedere tutti gli studenti italiani alzarsi per dire no alla violenza, no a quell’assurda morte, per pretendere verità e giustizia da uno Stato che troppo spesso ha negato sia l’una che l’altra.
La mobilitazione generale ha dato a tutto il Paese un insegnamento di civiltà, di solidarietà tra nord e sud dove per anni il meridione era visto solo come covo di mafiosi, di coscienza che appunto la mafia non è solo un fenomeno meridionale ma saldamente radicato nel nord “padano”.
Il giorno dopo, domenica 20 maggio, la terra trema per la prima volta alle 4 del mattino... Accendo la tv e vedo l’Emilia colpita da un sisma che non si pensava possibile in quella zona, 6 gradi della scala Richter, 10 morti (tra cui vari operai nei capannoni) e danni a edifici e monumenti. Altre morti assurde, evitabili se quei capannoni fossero stati sicuri e non si fossero accartocciati.. Torna in mente L’Aquila distrutta, parte la solidarietà, ma il Governo afferma che d’ora in avanti soccorsi e ricostruzione non saranno pagati dallo Stato, abbandonando al loro destino migliaia di feriti e sfollati. Passano 9 giorni e un altro sisma scuote le stesse zone, distruggendo quanto era rimasto in piedi: altri 16 morti (almeno) e altre migliaia di sfollati.
Tra i morti altri operai, che qualche imprenditore aveva fretta di far tornare a produrre e lavorare, magari senza aver compiuto tutti gli accertamenti...
Sul web impazza la solidarietà, ma vi si unisce l’appello - partito dai comunisti ma che ha rapidamente coinvolto anche forze politiche con sensibilità diverse - a non celebrare il 2 giugno con la solita parata militare, costosa e di dubbio gusto. Un provvedimento simile era già stato preso nel 1976 dal Ministro Forlani (DC).
Il Presidente della Repubblica, che qualcuno reputava comunista in quanto non berlusconiano (povera Italia!) afferma però che la parata verrà mantenuta in ricordo delle vittime, per mostrare la forza democratica del Paese.
Ma se milioni di persone hanno chiesto di non fare quella parata, se il popolo si è mobilitato per dire NO a quell’indegna sfilata in armi, che democrazia è ignorare tutto questo? Sarebbe prova di forza democratica far sfilare l’esercito come nei regimi dittatoriali di ogni segno politico, peraltro in un momento in cui quelle risorse e quegli uomini servirebbero tantissimo nelle zone colpite dal terremoto. E’ illogico pensare che mentre a noi vengono chiesti 2 euro da cellulare per la protezione civile si spendono milioni di euro per mostrare le armi a un vecchietto con poco senso del suo ruolo di garante di una Costituzione che ripudia la guerra.



Stefano Rognoni

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