domenica 23 settembre 2012

La lotta alla mafia: una lotta per i diritti contro i favori


1 maggio 1947, 9 maggio 1978, 30 aprile 1982, 23 maggio e 19 luglio 1992.
Date che sembrano come le altre, ma che in realtà hanno segnato la vita di milioni di persone, soprattutto nel meridione ma non solo.
La prima data, la festa dei lavoratori del 1947, siamo appena usciti dalla dittatura fascista e alle elezioni per l'Assemblea Regionale Siciliana ha appena vinto il Blocco Popolare, l'alleanza tra socialisti e comunisti. Circa 2000 lavoratori, in prevalenza contadini, si riuniscono a Portella della Ginestra per manifestare contro il latifondismo, ma vengono bersagliati da raffiche di mitra che provocano 11 morti (di cui 2 bambini) e 27 feriti (di cui alcuni morirono successivamente). A sparare probabilmente membri di clan mafiosi che si incaricarono di portare avanti la reazione dei grandi proprietari alle rivendicazioni dei contadini.
La seconda data, il 9 maggio 1978, per molti solo la data del ritrovamento di Aldo Moro. In realtà voglio ricordarla come la data della morte di Giuseppe Impastato, militante comunista che aveva fatto della lotta a Cosa Nostra la sua ragione di vita, avendo capito che solo la società, solo l'avanzata dei diritti dei lavoratori potevano combattere davvero lo spirito mafioso. Si disse che si era suicidato, come se si potesse rompersi il cranio a sassate e successivamente legarsi ai binari del treno. Lo Stato preferì non vedere, troppo occupato in altre faccende, e forse sollevato dalla morte di quel piccolo grande uomo, di quel giovane che sognava di sconfiggere la mafia.
La terza è la data dell'uccisione di Pio La Torre, parlamentare comunista e segretario del PCI siciliano, firmatario della legge Rognoni-La Torre che introdusse il reato di associazione mafiosa.
E veniamo alle ultime due date, forse quelle più conosciute per ricordi personali e per eco mediatica: la strage di Capaci in cui perse la vita il giudice Giovanni Falcone, con un pezzo di autostrada letteralmente fatto saltare dai clan, e l'uccisione del suo collega, il giudice Paolo Borsellino.
Tutte queste date non le ho elencate per annoiarvi, ma per ricordare che la lotta alla mafia, oggi come allora, al nord come al sud, non l'hanno fatta solo gli uomini dello Stato, polizia e magistratura, ma anche politici, giovani, lavoratori. La lotta alla mafia deve nascere dalla società, perché è dalla società che le organizzazioni criminali traggono giovamento, elargendo favori dove dovrebbero essere garantiti diritti, offrendo protezione, riscuotendo tributi.
Dove il lavoro diventa un favore che solo un boss ti può elargire e non è più un diritto umano per tutti, ecco che la mafia si fa più forte.
La lotta per i diritti degli studenti e dei lavoratori non è solo importante in sé, ma anche perché toglie dal mercato criminale le vite di milioni di persone, perché è il mezzo migliore di combattere quel fenomeno mafioso che colpisce ormai da anni anche la nostra regione, anche la nostra città.

Stefano Rognoni

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